1. INTRODUZIONE E OBIETTIVI DELLO STUDIO
Il presente articolo studia la scelta tra il passato remoto (PR) e il passato prossimo (PP) nelle citazioni bibliografiche intertestuali di testi scientifici contemporanei, introdotte da enunciati come, p. es., l’autore concluse o ha concluso che. Quest’analisi è stata effettuata sulla base di dodici verbi comuni che abbiamo denominato verbi di azione del ricercatore, ovvero pubblicare, trovare, dimostrare, concludere, mostrare, confermare, chiarire, provare, documentare, argomentare, stabilire e osservare. A tal fine abbiamo raccolto, attraverso lo strumento di ricerca di Google, un corpus composto da tutte le occorrenze di questi verbi disponibili in linea al momento dell’osservazione (N = 979).
L’analisi viene effettuata con i seguenti obiettivi. In primo luogo, si vuole riscontrare la frequenza di apparizione di entrambi i tempi nel genere testuale in questione, confrontando le osservazioni con i risultati di relativi ai rinvii anaforici dei testi scientifici, giuridici e tecnici (si noti bene che i verbi analizzati in non sono esattamente i medesimi del presente studio). In secondo luogo, abbiamo misurato la distanza temporale, in termini di anni trascorsi, tra l’anno di pubblicazione dell’articolo esaminato e quello della fonte in esso citata. Il presupposto iniziale, basato sulla letteratura, è che il PP sia la forma prevalente quando questa distanza è breve, mentre il PR sia più frequente se la distanza misurata copre un lasso di tempo maggiore; lo scopo, pertanto, è quello di dimostrare come questo principio si realizzi in un’esperienza empirica. Si vuole fare luce, inoltre, anche su altri aspetti del fenomeno studiato, come la possibilità (o l’impossibilità) dell’uso del PR in riferimento all’azione svolta dallo stesso autore nello stesso testo.
Nel paragrafo 2 si discutono alcuni aspetti relazionati con l’uso del PR e del PP nel testo scientifico, come i concetti aspettuali tradizionali, la grammaticalizzazione del PP e le differenze regionali nella penisola.
Nel paragrafo 3 si presenta una prospettiva nuova sulla dicotomia aspettuale aoristo-compiuto (), in cui questa è vista come un continuo con un legame intrinseco con la temporalità e dove il rapporto dell’evento referito con il momento di enunciazione (ME) determina la scelta tra i due sottotipi di perfetti.
Nel paragrafo 4 vengono presentati il metodo ed i materiali, seguiti dall’illustrazione dei risultati ottenuti.
Il paragrafo 5, infine, include una discussione sui risultati e le conclusioni tratte dallo studio.
2. PASSATO PROSSIMO E PASSATO REMOTO NEL TESTO SCIENTIFICO
Il presente articolo, come è stato illustrato nel paragrafo precedente, studia la scelta tra il PR e il PP nelle citazioni bibliografiche degli articoli e di altri testi scientifici, classificabili come testi argomentativi (). In questi, oltre al PR e al PP, appaiono, nei medesimi contesti, anche altri tempi verbali, come il presente (p. es. l’autore conclude che), ma in quest’analisi focalizziamo l’attenzione solo sulle due forme verbali del preterito, considerate aspettualmente come perfettive e aoristiche.
Il punto di partenza del presente studio è la grammaticalizzazione avvenuta nella lingua italiana (nella varietà denominata «neostandard», così come in alcune varietà regionali, soprattutto settentrionali), in cui il PR è stato sostituito dal PP che, oltre al suo valore tradizionale di perfettivo compiuto, ha cominciato ad esprimere il valore perfettivo aoristo, con il quale un evento compiuto viene considerato nella sua globalità (p. es. , ), proprietà tradizionalmente attribuibile al PR. Con questa trasformazione, pertanto, il campo semantico del PP ha subito un’espansione: si è cominciato a usare questa forma verbale anche per esprimere eventi puntuali che costituiscono un insieme temporalmente limitato, con inizio e fine. L’evoluzione della perifrasi latina <habere + participio>, da cui presumibilmente il PP deriva, è stata ampiamente documentata nella bibliografia. ne menziona la presenza già in epoca latina classica presso Plauto, Cicerone e Ovidio; in tale periodo, questa perifrasi si utilizzava per esprimere uno stato o un effetto duraturo. L’autore segnala, tuttavia, che nell’italiano la costruzione si estese ai verbi intransitivi, come, p. es., dormire, solo molto più tardi. Le lingue e le varietà romanze presentano fasi ben distinte di questo processo di grammaticalizzazione; la classificazione delle diverse fasi evolutive di <habere + part.> e le ricerche ulteriori si fondano su .
L’aspetto aoristico e l’aspetto compiuto sono perfettivi; all’interno di questa categoria viene contemplato, inoltre, anche l’aspetto ingressivo (, ). Il valore tradizionale del PP è quello dell’aspetto compiuto, nel quale gli effetti di un evento anteriore persistono nel momento dell’enunciazione (, ). Il modello creato da è stato spesso applicato allo studio sul verbo spagnolo (p. es. , ), e qui lo applicheremo all’italiano, lingua romanza con essa imparentata ―benché, come vedremo più avanti, non consideriamo questo modello come ottimale in riferimento alle lingue romanze. Per , l’aspetto è la relazione tra il Tempo della Situazione (Situation Time) e il Tempo Topicale (Topic Time). La relazione tra entrambi i valori può essere illustrata graficamente attraverso lo schema proposto da Klein, in cui il Tempo della Situazione è illustrato con il segno –, il Tempo anteriore o posteriore al Tempo della Situazione con il segno + e il Tempo Topicale tra parentesi quadre [ ]. Con questa rappresentazione, la grafia corrisponde, in modo astratto, alla linea temporale.
L’aspetto perfettivo aoristo (Aorist) è illustrato da Klein come segue:
In questa rappresentazione si focalizza l’evento nel suo complesso, visto come un unico insieme. L’evento, inoltre, è rappresentato senza alcun legame con gli altri punti della linea temporale.
L’aspetto compiuto, chiamato (in inglese) Perfect (oppure Anterior, p. es. Bybee, Perkins & Pagliuca 1994), è definito graficamente da nell’esempio 2 che segue:
Vediamo che il Tempo della Situazione è anteriore al Tempo Topicale. Nel caso del PP con questo valore, il Tempo Topicale coincide con il momento dell’enunciazione e ciò dà luogo alla rilevanza attuale, spesso attribuita al PP.
Il fatto che anche il PP si usi nella lingua neostandard e in alcune varietà regionali per esprimere azione del tipo 1 è il risultato di un processo di grammaticalizzazione. In queste varietà, dunque, il campo semantico del PP ha subito un’espansione: si è cominciato ad utilizzare questa forma verbale anche per esprimere eventi puntuali che costituiscono un insieme temporalmente limitato, con un inizio e una fine ben precisi. menziona che il PR predominava chiaramente nel toscano medievale come tempo di valore aoristo, mentre il PP esprimeva normalmente l’aspetto compiuto e che, pertanto, l’espansione dei valori del PP, in maniera tale che includesse anche l’aoristo, non era ancora cominciata. Rispetto al toscano medievale, il PP ha subito una rianalisi, un cambiamento semantico (cfr. p. es. ) attraverso il quale ha inglobato anche il valore espresso in 1. A questa fase è poi seguita un’ulteriore espansione del nuovo uso a nuovi contesti per analogia morfologica (p. es. ).
Come interpretare l’aspettualità di una singola occorrenza del PP? Secondo , un importante criterio per attuare una distinzione tra l’aspetto aoristo e compiuto (Perfect) è che il secondo non può esprimere eventi consecutivi. Tuttavia, l’interpretazione richiede sempre l’analisi dell’intero contesto. Ad esempio, le due sequenze seguenti, escluse dal corpus, corrispondono all’aspetto compiuto:
- (3a)
Ora, per la prima volta, uno studio ha dimostrato che anche i muscoli umani possiedono un «ricordo» di crescita precedente e questo processo avviene a livello di DNA.
- (3b)
La letteratura a proposito ha dimostrato che la resilienza è un fattore cruciale che media sull'impatto del maltrattamento psicologico e i problemi emotivi e comportamentali.
In questi esempi, gli effetti risultanti dell’evento menzionato persistono nel momento dell’enunciazione. Il primo (3a) corrisponde al perfetto esperienziale, una delle principali letture dell’aspetto compiuto: l’evento si è verificato almeno una volta in un periodo di tempo che precede il tempo presente ed è incompatibile con qualsiasi localizzazione temporale (p. es. ). Il secondo (3b), interpretabile con la lettura risultativa o, possibilmente, continuativa, è connesso al momento dell’enunciazione attraverso il termine generale la letteratura, che distingue il contesto dagli effetti di uno studio singolo.
Per quanto riguarda lo stato aspettuale del PP, si osserva un problema nell’applicare all’italiano il modello di , originalmente concepito dalla prospettiva della lingua inglese. Come si è visto in 1, l’azione espressa dall’aspetto aoristico è presentata senza alcun legame con un punto della linea temporale. Allo stesso tempo, però, il PP di valore aoristo non ha mai perduto il suo legame con il momento dell’enunciazione. La stretta connessione tra il PP e il momento dell’enunciazione è menzionata dalle descrizioni grammaticali dell’italiano, come in quella offerta in La Crusca per Voi (Accademia della Crusca):
Quando ci riferiamo ad avvenimenti del passato, lontano o recente, noi possiamo percepirli o come collegati col presente o come separati da questo. Li sentiamo collegati col presente quando fissiamo l'attenzione sul perdurare dei loro effetti […]. Usiamo il passato prossimo per esprimere un'azione compiuta o un accadimento che «lasciano tracce» (come diceva Giacomo Devoto) nel presente.
L’autore lo illustra poi con il seguente esempio:
Una spiegazione simile viene offerta dall’autore della pagina web Passato prossimo e passato remoto, secondo cui
[…] se tale evento mantiene un legame con il presente, se cioè alcune sue conseguenze durano ancora nel presente, oppure si è situato entro un periodo di tempo (anche lungo) non ancora concluso, allora si preferirà usare il passato prossimo.
Questa pagina lo illustra con l’esempio seguente:
Il PP è strettamente legato al momento comunicativo. Inizialmente, nella grammaticografia italiana o nelle spiegazioni delle regole rivolte agli utenti di questa lingua, si presentava come criterio per la scelta del PP la regola delle 24 ore, secondo la quale il riferimento all’evento passato doveva essere avvenuto nel corso delle 24 ore in cui si include il momento di enunciazione. Si tratterebbe, dunque, della dicotomia «Oggi Pietro si è svegliato alle 6:00» contro .Ieri Pietro si svegliò alle 6:00». , tuttavia, la escludono e sottolineano, invece, il ruolo dell’associazione mentale dell’evento con il momento presente. L’associazione mentale è menzionata anche da e da .
Il PR, che è stato sostituito funzionalmente dal PP, può considerarsi tanto in opposizione quanto in variazione libera rispetto ad esso. Si caratterizza per la sua aspettualità aoristica (cfr. sopra), ma, come è risaputo, anche per la sua disconnessione dall’origine temporale. Secondo la Crusca, dunque,
Avvertiamo invece eventi e azioni come separati, distaccati dal presente, quando li consideriamo nel loro compimento e conclusi; non ne cerchiamo le tracce nel momento attuale, ma li collochiamo in un momento particolare del tempo già trascorso: «Quando l'uomo apparve sulla terra, era appena incominciata l'era quaternaria».
Anche nella suddetta pagina web Passato prossimo e passato remoto si ribadisce questo concetto:
Invece dirò:
‘Il presidente aprì la conferenza con un augurio di buon lavoro’.
se tale evento è slegato dalla situazione attuale, senza collegamenti con il momento in cui l’enunciato viene detto o scritto.
D’altra parte, come vedremo nel paragrafo Risultati, il PR appare insieme al PP in contesti simili in testi scientifici. In questo caso potrebbe parlarsi, almeno a priori, della variazione libera tra il PR e il PP.
divide i tempi dell’italiano nei tempi commentativi e narrativi. Per l’autore il passato prossimo è un tempo commentativo e il passato remoto un tempo narrativo. Questa divisione, però, si applica male ai casi qui studiati, in cui l’unico variabile dipendente è la distanza temporale. Nella lingua orale esistono restrizioni all’uso dell’una e dell’altra forma verbale. Ad esempio, hanno constatato che il PP è molto frequente nella narrazione personale al posto del PR, in racconti di eventi anche molto lontani nel tempo, in cui appare spesso la prima persona come elemento deittico, fattore che favorisce l’apparizione della forma composta. Inoltre, si registrano restrizioni puramente temporali: il PP è di fatto il tempo esclusivo per fare riferimento ad eventi avvenuti durante il giorno della comunicazione (p. es. ). Per ultimo, nella penisola esistono anche importanti differenze diatopiche (si veda più avanti).
L’aspetto viene considerato come una categoria non deittica (si veda p. es. ). Il PP di valore aoristo, tuttavia, è intimamente collegato al momento dell’enunciazione. Di conseguenza, è inconciliabile con questa interpretazione stretta del concetto di aspetto. Allo stesso tempo, anche la definizione dell’aspetto compiuto (2) riveste una situazione deittica: nel modello di Klein, il Tempo Topicale si definisce proprio sulla base della sua posizione in rapporto con un altro punto d’appoggio nella linea temporale. Come si vede in 2, il Tempo della Situazione è anteriore al Tempo Topicale. Questo mostra che l’esigenza di distinguere categoricamente tra il tempo e l’aspetto talvolta non è giustificata, almeno non nelle lingue romanze: esistono aree in cui queste due categorie sono fortemente intrecciate.
Allo stesso tempo, però, può anche rimettersi in discussione quello che si è detto sul carattere deittico del PP di valore aoristico, ovvero, la sua presunta incompatibilità con l’approccio aspettuale tradizionale. Bisogna notare che nella penisola esistono delle notevoli differenze regionali nella distribuzione del PP e del PR. Nelle varietà settentrionali predomina, almeno nella lingua orale, il PP (p. es. ), mentre nella varietà meridionali appare più frequentemente il PR (p. es. , ; si veda anche ). La lingua letteraria classica, che si basa sulla varietà toscana, presenta una distribuzione uniforme ed una differenziazione piuttosto nitida delle funzioni di queste due forme verbali (). La distinzione funzionale sopra descritta appare più chiara nella zona centrale e nelle aree nord dell’Italia meridionale, come anche in Corsica (varietà extraterritoriale) (). D’altro lato, come dice , anche nella Toscana di oggi il PR è variamente sostituibile con il PP. Per ritornare alla nostra osservazione iniziale, ci si può chiedere in che misura la scelta tra il PR e il PP in testi scientifici rifletta la differenza percepita tra «conseguenze persistenti nel presente» e «senza conseguenze nel presente» e in che misura l’uso del PP rifletta l’uso settentrionale, un elemento importante per la formazione del neostandard. Su questo punto, infatti, molti linguisti concordano nel riconoscere l’uso frequente del PP al posto del PR tra le caratteristiche dell’italiano neostandard (Berruto , , ). Inoltre, secondo , nel corso dei secoli, il PP ha mostrato una certa tendenza a sostituire il PR anche nei registri formali. Di conseguenza, nel caso teorico in cui il PP verrebbe usato senza nessun legame con il momento presente ― in modo paragonabile a quanto avviene in francese ― esso rappresenterebbe la sua completa introduzione nel campo semantico del PR e la sua completa corrispondenza al modello di descritto in 1.
Naturalmente, è difficile stabilire obiettivamente per ogni caso particolare se l’autore di una citazione bibliografica ha considerato rilevante per il suo presente l’azione di un autore a cui fa riferimento. Esistono, però, alcuni indizi che permettono di fare luce sulla presenza (oppure l’assenza) di un legame con il momento dell’enunciazione. Uno di questi è la distanza misurata in anni. Benché, come abbiamo visto per quanto riguarda l’es. 4, la distanza temporale reale sia un fattore meno importante in confronto alla rilevanza percepita dell’evento passato, non può escludersi la sua influenza sulla scelta della forma verbale e, come menzionato nel paragrafo 1, lo scopo di questo studio è indagare empiricamente questa relazione. Nel testo, inoltre, possono esserci espressioni che indicano direttamente l’attitudine dell’autore verso il grado di percezione della rilevanza attuale dell’informazione riferita, come in un articolo recente, già nel 1999, ecc. Un altro fattore da tenere in considerazione è se l’oggetto del rinvio è costituito dal testo stesso che si sta scrivendo/leggendo, p. es., quando l'autore sintetizza ciò che ha appena illustrato nel lavoro che sta esponendo. In tali casi, l’ipotesi è che dovrebbe apparire il PP, perché si tratta dell’azione del proprio autore, da lui considerata soggettivamente rilevante.
Su questo punto ci si può chiedere se i casi con il PP rappresentino il passato compiuto. Infatti, nonostante nella maggioranza dei casi sia possibile stabilire lo stato aspettuale di un’occorrenza di PP (p. es. 3a e 3b), esistono casi in cui il valore aspettuale rimane soggetto ad interpretazione. Così, benché menzionino esplicitamente che l’esempio
rappresenti l’aspetto compiuto, noi sosteniamo che, a seconda del caso e del contesto, può anche ricevere la lettura perfettiva aoristica, se accompagnato, ad esempio, da una subordinata che lo collega alla sfera del passato:
Come abbiamo spiegato, tutti gli esempi inclusi nel corpus sono stati analizzati prima dalla prospettiva della sua aspettualità, includendo, in questo modo, soltanto esempi del PP aoristico. Inoltre, nel 61,1 % dei casi, sia l’anno di pubblicazione della fonte che quello della fonte riferita vengono menzionati: se un evento passato ha una localizzazione temporale, la premessa è che si tratti della lettura aoristica. È vero che anche l’aspetto compiuto può combinarsi con un PP di valore compiuto (cfr. es. 6), ma sosteniamo che tali casi non siano così frequenti come quelli di valore aoristico. Di conseguenza, la nostra premessa è che tutti gli esempi con un determinato anno di pubblicazione, come il seguente, siano aoristici (esattamente come la versione aoristica dell’esempio 6 illustrata in 7):
Tuttavia, siccome anche la lettura compiuta è teoricamente possibile quando il predicato ha una localizzazione temporale che limita la realizzazione dell’azione a un determinato punto sulla linea temporale, bisogna paragonare gli esempi italiani a quelli di altre lingue. Il miglior termine di paragone qui è lo spagnolo, in cui l’uso del pretérito perfecto compuesto in un enunciato simile (9a) non sarebbe l’equivalente di 8 e la forma usata normalmente in questo caso sarebbe il pretérito perfecto simple (9b), sempre di valore aoristo:
- (9a)
Chiglione (1989) ha encontrado que, durante algunos grandes debates políticos en Francia…
- (9b)
Chiglione (1989) encontró que, durante algunos grandes debates políticos en Francia…
In spagnolo, l’uso del pretérito perfecto compuesto in un caso come 9a si osserverebbe nel caso in cui si volesse accentuare la validità dello stato risultante dell’azione nel momento dell’enunciazione e, forse, per tutto il tempo dell’intero testo. Potrebbe, ad esempio, apparire nella prima frase di un testo ed essere utilizzato per attirare l’attenzione del lettore. Naturalmente, in tal caso, rappresenterebbe l’aspetto compiuto.
Un secondo esempio è costituito dal finnico, che si comporta in una maniera analoga allo spagnolo. Il perfetto composto (10a), sempre di valore compiuto, si userebbe solo sotto le speciali condizioni già illustrate per lo spagnolo e la scelta più comune nel caso esemplificato sarebbe il preterito semplice (chiamato imperfekti) (10b).
- (10a)
Chiglione (1989) on havainnut, että eräiden Ranskassa käytyjen suurten poliittisten keskusteluiden aikana…
- (10b)
Chiglione (1989) havaitsi, että eräiden Ranskassa käytyjen suurten poliittisten keskusteluiden aikana.
Un ultimo esempio potrebbe essere l’inglese, ma in questa lingua l’uso del perfetto composto (Present Perfect) sarebbe agrammaticale se l’evento è qualificato da una localizzazione temporale. Perciò, l’unica opzione valida sarebbe il Past Tense:
Gli esempi anteriori di altre lingue servono per dimostrare che, in italiano, il cambio che prevede l’espansione delle funzioni del PP non è costituito dall’espansione del proprio valore compiuto. Non significa, dunque, che gli eventi passati riferiti si visualizzerebbero come maggiormente rilevanti nel momento presente dai parlanti di questa lingua più che dai parlanti di altri idiomi, ma l’uso del PP indica che il valore legato alla rilevanza è stato gradualmente sostituito da uno nuovo, l’aoristo, che esprime eventi temporalmente delimitati. La differenza tra le due forme verbali del PP e del PS, però, può essere difficile da avvertire, perché, allo stesso tempo, il PP non ha mai perduto del tutto il suo legame con l’origine temporale, con l’hic et nunc del parlante o momento dell’enunciazione.
D’altro canto, quest’osservazione sfida un po' l’approccio tradizionale, in cui gli aspetti compiuto e aoristo sono percepiti come opposti, escludenti. In confronto alle lingue che marcano l’aspetto grammaticale attraverso la morfologia verbale, come le lingue slave o il greco, i tempi composti delle lingue romanze, derivati dalla perifrasi <habere + participio>, mantengono una connessione con l’origine temporale. Il modello di non ne tiene conto, il che è evidente proprio nel caso del PP di valore aoristico.
Su questo punto, è opportuno commentare brevemente i risultati di un altro studio empirico, . Egli studia l’uso dei due tempi in questione nei rinvii anaforici dei testi scientifici, giuridici e tecnici, in otto predeterminate frasi esatte (con dire e vedere; p. es. come si è detto / visto nel paragrafo precedente), disponibili tramite Google nel momento di osservazione, e un numero identico di esempi di PR, per stabilire gli anni di pubblicazione degli articoli contenenti una e l’altra forma verbale. Sono stati osservati, inoltre, i numeri totali degli esempi di PP per confrontarli con quelli di PR. I risultati rivelano che i cambiamenti avvenuti nella lingua si riflettono nell’uso di entrambi i tempi. Il periodo ≤ 1800, soprattutto proprio l’Ottocento, si profila come l’età dell’oro del PR, mentre il Novecento conosce un’espansione sostanziale del PP. In totale, il PP risulta predominante nei rinvii anaforici studiati (N = 857, 85,4 %).
Questi risultati ci offrono un interessante punto di comparazione. I risultati ottenuti dimostrano che il PP appare nel corpus nell’85,6 % dei casi raccolti dall’anno 2000 in poi, mentre il PR era considerevolmente più comune nel periodo precedente, anche nel Novecento. Per poter paragonare i risultati di con quelli del presente studio è stato preso in considerazione lo stesso arco temporale. Lo scopo è quello studiare le differenze tra i verbi di dizione e percezione ed i verbi d'azione del ricercatore, tenendo anche in considerazione che i casi analizzati in erano rinvii anaforici, ovvero, scritti dallo stesso autore. È ovvio che questo punto di partenza favorisca l’apparizione del PP, perché, come già osservato, i passi riferiti sono percepiti come rilevanti dall’autore.
L’uso del PR e del PP è stato studiato dalla prospettiva storica in certa misura anche nei registri scientifici, giuridici e tecnici (p. es. , , per quanto riguarda il Trecento e il Quattrocento). offre dei risultati sulle frequenze del PR e PP nei testi scientifici basati su un corpus diacronico. Nei suoi risultati, le occorrenze del PR sono le seguenti:
I valori rappresentano le percentuali di PR e PP rispetto alle frequenze di tutte le forme verbali del corpus. Durante lo stesso periodo si è prodotto, inoltre, un notevole incremento della frequenza del presente (24,4 % > 33,0% > 41,4 %), dato sicuramente correlato con l’aumento della frequenza del PP; il PR, invece, era più frequente del PP nel passato, risultato conforme a .
Bisogna menzionare, in questo contesto, anche i risultati di Kempas (, ) sui rinvii anaforici dei testi scientifici, giuridici e tecnici in spagnolo. Questa lingua presenta un’analogia interessante, poiché, come l’italiano, ha conosciuto la grammaticalizzazione del pretérito perfecto compuesto come tempo aoristico, sebbene in misura minore. In spagnolo, il perfetto semplice, pretérito perfecto simple, si è mantenuto un tempo vivo, che appare sia nei registri letterari, sia nella lingua orale di tutte le aree geografiche. dimostra la presenza di differenze diatopiche nell’uso di questi tempi (Spagna: PPC, Ispanoamerica: PPS) e, a livello individuale, anche la tendenza degli autori di alcune tesi academiche analizzate più a fondo ad avvicinarsi allo standard spagnolo peninsulare, che favorisce il PPC. I principali risultati di illustrano che le due forme verbali presentano una distribuzione molto simile nel corpus, sebbene si registri anche una variazione diatopica a seconda della zona.
3. RIANALISI DELLA DICOTOMIA ASPETTUALE AORISTO-COMPIUTO: PROPOSTA DI
Uno studio sull’uso del PP e PR nell’italiano attuale è stato effettuato da , con un’analisi di dati empirici sulla scelta delle due forme verbali da parte di parlanti nativi italiani sparsi per l’intera penisola. Tale studio dimostra l’effettivo avanzamento delle funzioni aoristiche del PP nell’italiano attuale e, tra le altre cose, anche l’esistenza di significative differenze regionali in alcuni ambiti d’uso delle due forme verbali.
Quest’analisi illustra che i due tempi verbali non occupano una posizione dicotomica all’interno del ventaglio dei riferimenti ad alcuni possibili contesti passati che possono verificarsi; al contrario, le scelte dei parlanti mostrano un continuum che va dal polo estremo delle situazioni di ovvia compiutezza, in cui il consenso verso il PP è unanime, ai contesti denominati di aoristicità pura, che presentano un uso maggioritario del PR. Al centro dei due estremi si presentano situazioni con maggiore o minore grado di compiutezza o di aoristicità, che spingono i parlanti a usare maggiormente una o l’altra forma verbale.
Suddividendo alcune possibili situazioni passate in quattro gruppi (C1: situazioni continuative, risultative ed esperienziali; C2: eventi odierni, di presente ampliato ed eventi accaduti il giorno anteriore al momento d’enunciazione; C3: eventi passati ed anteriori allo ieri; C4: situazioni ed eventi con caratteristiche testuali di narrazioni e racconti), lo studio dimostra una preferenza pressoché unanime per il PP in C1 e C2; un’alternanza di uso nel contesto C3 (soprattutto nel centro e sud del paese; nel nord le percentuali d'uso del PR sono molto basse) e un uso maggioritario del PR per quanto riguarda il contesto C4 (che diventa esclusivo nelle zone del centro e del sud).
Ciò conferma che il PP, nella lingua italiana attuale, rispetto all’uso standard basato sul toscano medievale, ha ampliato le sue funzioni, poiché si trovano svariati impieghi di questa forma verbale in riferimento a situazioni passate e aoristiche, incluso, soprattutto al nord, in racconti ambientati molti anni fa e narrati in terza persona. Questa ampliazione riguarda principalmente l’espansione del lasso temporale che separa l’evento dal momento dell’enunciazione (ME) e il PP viene impiegato per descrivere eventi anche molto lontani nel tempo. Lo studio dimostra, inoltre, che il fattore della distanza temporale gioca un ruolo fondamentale: benché il PP si impieghi sempre più frequentemente in riferimento ad eventi lontani nel tempo, la percentuale di apparizione di questa forma verbale gradualmente diminuisce quanto più ci si allontana dal ME verso il passato. La tradizionale attribuzione del PR e PP, rispettivamente, all’aspetto aoristico e a quello compiuto, pertanto, viene in parte confermata dal consenso unanime verso il PP nelle situazioni delineate nel gruppo C1; d’altra parte, però, viene complementata con un nuovo elemento, ovvero, la distanza temporale dell’evento dall’ME.
Lo studio non risponde al quesito che ci si pone spontaneamente di fronte a questa trasformazione diacronica, ovvero se l’espansione del PP a contesti aoristici presupponga la perdita del suo ancoraggio al momento presente e dunque delle sue funzioni di compiutezza o se, al contrario, ciò che viene ampliato è il contesto che il parlante considera rilevante o attuale. L’analisi sopra descritta, tuttavia, dimostra che l’espansione dell’uso della forma verbale in questione è strettamente legata all’ampiezza dell’arco temporale trascorso, elemento di primaria importanza nella scelta dei parlanti.
Un risultato simile, ma basato su un’altra lingua romanza, è offerto dallo studio di . La sua analisi è volta a riscontrare quali elementi influenzano la scelta tra le due forme verbali in analisi in parlanti di tre differenti varianti dello spagnolo. Tra i diversi fattori che lo studioso ipotizza possano agire sulla scelta in questione troviamo il concetto di rilevanza presente, strettamente legato, insieme ad altri elementi, alla vicinanza temporale degli eventi. Lo studio conclude affermando che, nella maggior parte delle risposte, gli eventi ritenuti rilevanti (tra questi, le situazioni recenti) suscitano un numero di risposte in pretérito perfecto compuesto maggiore rispetto a quelle coniugate al pretérito perfecto simple.
4. METODI E MATERIALI
Il corpus, di 979 occorrenze, è stato raccolto attraverso il motore di ricerca Google, tra il 15 luglio e il 7 ottobre 2021, usando le seguenti frasi esatte:
-
1) ha pubblicato/pubblicò
-
2) ha trovato/trovò che
-
3) ha dimostrato/dimostrò che
-
4) ha concluso/concluse che
-
5) ha mostrato/mostrò che
-
6) ha confermato/confermò che
-
7) ha chiarito/chiarì che
-
8) ha provato/provò che
-
9) ha documentato/documentò che
-
10) ha argomentato/argomentò che
-
11) ha stabilito/stabilì che
-
12) ha osservato/osservò che
Le frasi sopra illustrate sono molto comuni nel genere scientifico. Per assicurare l’appartenenza degli esempi ricercati ai testi scientifici, è stata inclusa nel campo di ricerca di Google allo stesso tempo la frase nel presente studio. Il soggetto grammaticale delle frasi esaminate è, nella maggioranza dei casi, un autore o un gruppo di autori, ma può essere anche un decreto giuridico, soprattutto con il verbo stabilire.
Nel corpus sono state incluse tutte le occorrenze contenute in articoli scientifici datati disponibili durante il periodo menzionato e dove gli esempi raccolti fanno allusione a un determinato anno di pubblicazione o allo stesso testo. È stato assicurato che tutte le occorrenze del PP rappresentassero l’aspetto aoristo, e non il compiuto (si vedi paragrafo 2).
Dal corpus sono stati esclusi:
-
1) le occorrenze multiple della stessa pagina web, come anche le possibili occorrenze multiple dello stesso caso nello stesso documento.
-
2) le pagine in realtà non accessibili (malgrado mostrate nella preview dei risultati).
-
3) i risultati metatestuali, non rappresentanti l’uso reale della lingua (come le pagine relative alla traduzione di espressioni da un’altra lingua all’italiano, p. es. context.reverso.net, ecc.).
-
4) le occorrenze del PP classificabili come rappresentanti dell’aspetto compiuto.
-
5) le occorrenze anteriori all’anno 2000.
-
6) le occorrenze provenienti dalla lingua orale e le citazioni della narrazione letteraria
-
7) le occorrenze del si impersonale e del si passivante per ottenere, per ragioni pratiche, solo esempi con l’ausiliario avere (p. es. ha mostrato che).
Per quanto riguarda i casi inclusi nell’analisi della distanza temporale tra l’anno di pubblicazione del testo scientifico (in seguito denominato fonte secondaria, FS) e l’anno della fonte menzionata in essa (in seguito denominata fonte primaria, FP), sono stati registrati solo i casi in cui entrambi gli anni siano citati con precisione.
Su questo punto occorre menzionare una tendenza sorprendente, se non addirittura preoccupante: una parte importante dei casi è stata esclusa dall’analisi a causa dell’assenza dell’anno di pubblicazione della FS e/o della FP; ciò può essere spiegato con mancanze criticabili nell’attuazione degli autori o delle piattaforme di pubblicazione. Tra i risultati, ad esempio, un articolo scientifico di scienze mediche appare su un certo sito web sistematicamente senza le note con le informazioni bibliografiche corrispondenti ai numeri menzionati nel testo. Allo stesso tempo, le pagine web presentano un’abbondanza di pop-up pubblicitari. Un secondo gruppo di fonti presentano l’omissione deliberata dei dati bibliografici da parte dell’autore. Ciò è stato riscontrato più volte nel corpus, anche in tesi dottorali. Inoltre, anche la stessa ricerca dell’anno di pubblicazione della FS è spesso stata laboriosa; in molti casi, l’anno di pubblicazione è semplicemente stato omesso: questo occorre con regolarità con gli articoli (ri)pubblicati sul sito, ma, sorprendentemente, anche in molte tesi accademiche pubblicate online. Nonostante ciò, è stato spesso possibile trovare l’anno di pubblicazione con nuove ricerche, anche se la sua omissione dal documento pubblicato non è conforme alla pratica scientifica generalmente accettata. D’altra parte, è da ricordare che non tutti gli articoli analizzati possono essere considerati puramente scientifici; nel corpus sono presenti anche alcuni scritti di carattere semipopolare, in cui l’omissione dei dati bibliografici è più comprensibile, sebbene non del tutto accettabile.
5. RISULTATI
Riportiamo di seguito due tabelle contenenti i dati complessivi di tutti i verbi esaminati, suddivisi tra le due forme verbali e i diversi riferimenti alle fonti (tab. 1) e i dati statistici relativi alla distanza, in termini di anni, tra l’anno di pubblicazione della fonte primaria e quello della fonte secondaria, suddivisi per ogni verbo analizzato (tab. 2).
TOT | PR | PP | |
---|---|---|---|
TOT % |
979 |
320 32,7 % |
659 67,3 % |
Rif. allo stesso testo % |
195 |
13 6,7 % |
182 93,3 % |
Rif. a fonte anteriore % |
934 |
275 29,4 % |
659 70,6 % |
In primo luogo, vediamo che il PP si rivela la forma più frequente quasi nella totalità dei verbi esaminati: soltanto dimostrare differisce dalla tendenza generale, anche se, come si può notare, la differenza a favore del PR è minima (52,1 % di PR contro 47,1 % di PP). La distribuzione dei due tempi verbali, inoltre, è molto simile anche nei casi dei verbi pubblicare e argomentare.
Un’analisi effettuata attraverso il test chi quadrato conferma, inoltre, la presenza di una differenza statisticamente significativa tra i due tempi ( = 79,6; p = 0; df = 11) a favore del PP, che è sicuramente la forma più frequente.
Come era prevedibile, nei riferimenti allo stesso testo (N = 195) prevale chiaramente il PP (n = 182; 93,3 %); nello studio di , la frequenza del PP è di 85,4 %, ma include anche occorrenze dei secoli passati (a partire del Cinquecento). Anche il PR (n = 13; 6,7 %) è presente in alcuni casi, come in
- (12a)
La NMR dimostrò che sia i sostitutivi lacrimali non viscosi e newtoniani […] sia quelli viscosi e non-newtoniani (Acido ialuronico) presentano una riduzione dei valori dei…
- (12b)
Il presente studio dimostrò che a) c’è una diversità in resilienza tra resine acriliche e ceramica come materiali di rivestimento, ma che b) questa differenza è…
tuttavia, come si è visto, il PP in questo tipo di riferimento è, senza dubbio, l’opzione prevalente:
- (13a)
Il presente studio ha dimostrato che ceftriaxone presenta favorevole efficaci…
- (13b)
Infatti, l’analisi dei costi integrati ha concluso che in media un paziente con…
In , il PR è presente nel 14,6 % dei riferimenti allo stesso testo, ma la differenza in rapporto al presente studio si spiega di nuovo per differenze di anno di pubblicazione delle fonti esaminate tra entrambi i corpus. In , il 55,5 % dei casi in cui viene impiegato il PR proviene dal periodo ≤ 1800, cioè i suoi risultati riflettono un cambiamento storico nell’uso del PR e del PP ― in confronto al presente studio, in cui tutte le FS sono contemporanee.
Per quanto riguarda gli esempi, osserviamo, tra i casi analizzati, notevoli differenze nelle frequenze del PR del PP. Si osserva che la distanza tra l’anno di pubblicazione della FS e quello della FP è sistematicamente maggiore per il PR e più breve per il PP: tutti e cinque gli indicatori riportati nella tabella 2 (media, mediana, moda, deviazione standard e campo di variazione) dimostrano quanto affermato. Questo risultato è conforme alla differenza tra i due tempi verbali discussa in precedenza, nel senso che il PP mantiene un legame con l’origine temporale ― che, di conseguenza, si dissolve a mano a mano che aumenta la distanza in termini di numero di anni. Un’osservazione sorprendente è che la percezione soggettiva dell’autore della distanza temporale si manifesta in maniera altamente organizzata rispetto al tempo fisico trascorso. Allo stesso tempo, però, questo risultato rimette in discussione il ruolo del PP per esprimere la dimensione della «rilevanza nel momento dell’enunciazione»: l’informazione inclusa in una fonte pubblicata nel 1980 è meno rilevante per il tema trattato dall’autore rispetto ad una pubblicata nel 1990? In questi casi sembra, invece, che la distanza fisica si riveli come il fattore decisivo al momento della scelta tra il PR e il PP.
Si osserva, però, anche una differenza tra il PR e il PP nelle mediane degli esempi: quelli con il PP sono distribuiti in maniera molto più omogenea: le loro mediane variano tra 4,5 e 11,5 anni (le deviazioni standard: 3,8–15,7). Gli stessi due valori per il PR sono, rispettivamente, di 18–99 e di 23,8–138,6 anni. La stessa differenza si osserva anche nel campo di variazione degli esempi. L’azione riferita con il PP nella FP si è prodotta, come tempo massimo 93 anni prima (14j), mentre nel caso del PR, come massimo 546 anni prima. Ecco le occorrenze in PP dei verbi studiati che maggiormente superano le mediane dell’insieme degli esempi in PP (cioè, di 4–11,5 anni):
- (14a)
Ha pubblicato il suo primo libro, quale editore, nel 1952 (FS 2019, FP 1952, 67 anni)
- (14b)
Sulla base di tali elaborazioni, Beaver ha trovato che il migliore (FS 2019, FP 1966, 53 anni)
- (14c)
Uno studio ha dimostrato che la massima altezza alla quale un gatto ha ancora una possibilità di sopravvivenza è di 18 piani (FS 2019, FP 1976, 43 anni)
- (14d)
Egli ha concluso che il limite inferiore di lubrificazione idrodinamica corrispondeva ad un numero (FS 2016, FP 1976, 40 anni)
- (14e)
Un ulteriore studio ha confermato che la percentuale di diagnosi di HCC raggiungeva l'80% (FS 2020, FP 2001, 19 anni)
- (14f)
cfr. Corte giust. 19 dicembre 1968, C-19/68, De Cicco, in Racc., 1969, 637 la quale ha chiarito che l’art. 4 del regolamento 3/1958/CEE (FS 2018, FP 1968, 50 anni)
- (14g)
Anche Boyle (21) ha provato che sette degli otto stati emotivi e sei dei fattori (FS 2008, FP 1984, 24 anni)
- (14h)
Com’è noto, Karl R. Popper ha argomentato che (FS 2011, FP 1962, 49 anni)
- (14i)
of Immigration della US Circuit Court of Appeal del 1943 ha stabilito che (FS 2014, FP 1943, 71 anni)
- (14j)
Wodsedalek J.E. (1916) ha osservato che nei maschi di mulo la spermatogenesi viene a bloccata durante la meiosi, per l’incompatibilità cromosomica dei donatori (FS 2009, FP 1916, 93 anni)
Vediamo che, in casi isolati, il PP viene usato anche in alcuni rinvii a date considerevolmente anteriori rispetto alle mediane di 4–11,5 anni. Si potrebbe ipotizzare la motivazione per la quale questi autori divergano tanto della corrente principale, estendendo l’area di uso del PP fino a questa misura. Una possibile spiegazione è l’ampliazione dell’uso del PP del registro orale allo scritto: se, ad esempio, l’autore è originario di una delle zone settentrionali dove questo tempo ha completamente soppiantato il PR nella lingua orale (cfr. nota 6), si potrebbe essere verificata un’influenza tra i due registri. Significherebbe che, per alcuni autori, il PP sarebbe diventato il tempo aoristico per eccellenza anche nello scritto, sostituendo il PR. Per poter confermare quest‘ipotesi, tuttavia, si dovrebbe organizzare lo studio su aree geografiche precise e su un campione di popolazione esteso.
La seconda ipotesi che si propone qui ― sulla quale, tuttavia, abbiamo già espresso i nostri dubbi― è che la scelta del PP risalga alla rilevanza percepita dell’informazione riferita, ovvero, al fatto che l’informazione in questione sia stata considerata talmente rilevante e attuale dall’autore della FS che questi avrebbe usato, più o meno consciamente, il PP al posto del PR.
Per quanto riguarda l’es. 14j, dove il PP viene usato con il massimo numero di anni trascorsi, è da notare, inoltre, che lo stesso esempio è immediatamente seguito da un’altra occorrenza di questo tempo:
- (15)
[…] Taylor e Short (1973) hanno osservato istologicamente la presenza di ovocellule in femmine di mulo e bardotto alla nascita, dimostrando che…
Questo fatto, una sequenza di due eventi consecutivi, conferma che 14j rappresenta il valore aoristico, ovvero sarebbe sostituibile con il PR: come se si trattasse qui di un resoconto dei passi della scienza. Di conseguenza, è difficile affermare che l’uso del PP in riferimento all’evento di 14j sia dovuto alla sua straordinaria rilevanza per il ME.
Nella tabella 2 si vede che l’azione riferita con il PR nella FP è sistematicamente anteriore all’anno di pubblicazione della FS (≥ 1 anni), il che corrisponde alla distribuzione funzionale tra il PR e il PP, secondo cui il PR viene usato per esprimere eventi slegati dall’origine temporale. Come si può notare, la tabella include un unico caso in cui la FP è anteriore alla FS di un solo anno:
L’esempio fa parte di una sequenza di eventi consecutivi accaduti nel passato, cominciata dalla frase
che già di per sé è preceduta da rinvii ad altri eventi anteriori, e, trattandosi di una narrativa, il PR è la scelta naturale in questo caso.
Sotto questa luce non ci si attenderebbe che nel corpus ci siano occorrenze del PR referite allo stesso testo, ma ne troviamo 13 (12a, 12b). Si osserva, però, che il loro uso appare solo con i verbi dimostrare e mostrare, mai con gli altri. È possibile che questi due verbi permettano ― ad esempio per ragioni storiche ― di essere combinati con il PR in casi simili, mentre gli altri faciliterebbero l’uso in PP, ma quest’osservazione dovrebbe essere confermata da un nuovo studio empirico.
Le tabelle seguenti (3, 4, 5) permettono di visualizzare il cambiamento nella distribuzione dei due tempi verbali in funzione della distanza temporale tra l’anno della FP e quello della FS.
Si vede che il singolo periodo con il maggior numero di esempi è quello da 10 fino 19 anni (n= 54); in seguito le sue frequenze cominciano a diminuire. Bisogna, tuttavia, notare che ciò non è dovuto ad una sostituzione con un altro tempo verbale, come il PP (si veda tabella 4), ma semplicemente alla rarefazione delle fonti riferite. Quando ci si avvicina a cento anni, si registra nuovamente un incremento della frequenza, dovuto principalmente ai riferimenti agli autori «classici», come in
- (18a)
Il modello italiano di entrambi questi autori sarebbe il senese Alessandro Piccolomini, che nel 1549 pubblicò i Cento sonetti
- (18b)
Nel 1894, Politzer dimostrò che questa patologia non era dovuta […]
- (18c)
Già nel 1914, John Downing concluse che […]
I dati corrispondenti al PP si illustrano nella tabella seguente:
In questo caso la tendenza è chiarissima: le frequenze del PP diminuiscono con regolarità a mano a mano che aumenta la distanza temporale tra la FP e la FS. Le occorrenze del PP nei rinvii a fonti pubblicate numerosi decenni prima, illustrate dagli esempi (14a–14j), si rivelano molto rare, quasi eccezionali.
Gli anni 0–9, corrispondenti al maggior numero di occorrenze, sono illustrati in dettaglio nella seguente tabella.
Vediamo che lo stesso cambiamento è registrato anche nell’intervallo di 0–9 anni, ma nel campione non succede in maniera del tutto lineare. La linearità è visualmente presente soltanto nel periodo che va da uno a tre anni, ma in seguito le frequenze si mantengono più o meno sullo stesso livello. Le frequenze relativamente basse per anno, però, limitano la generalizzabilità dei risultati. In ogni caso, i primi quattro anni (0–3) del periodo di 0–9 anni contano 184 casi, mentre gli ultimi quattro anni (6–9) circa la metà (95 casi).
Per concludere, sulla base dei risultati, il PP viene usato nei rinvii a fonti pubblicate in un lasso temporale che va dallo stesso anno fino ad alcuni anni fa ed il PR a quelle pubblicate alcuni decenni fa. Questa distribuzione funzionale non è, però, di carattere assoluto, poiché esistono diverse eccezioni. Tuttavia, si è visto che questa libertà di scelta include determinate costrizioni. Il PR è praticamente assente se la fonte riferita appartiene ad un periodo anteriore che copre un lasso minore di un anno, e poco frequente (n = 37) se il periodo è minore di dieci anni. Inversamente, quando il numero di anni si avvicina a cento, l’uso del PP diventa pragmaticamente anomalo, fino a scomparire completamente.
6. CONCLUSIONI E DISCUSSIONE
I risultati empirici hanno fornito una descrizione illustrativa delle scelte dei tempi verbali nelle citazioni bibliografiche dei testi scientifici. Il presente studio è stato il primo ad affrontare questa questione con un’analisi quantitativa nell’asse temporale. Le Tabelle 1-5 rivelano diversi dettagli; uno dei più interessanti è la correlazione tra il tempo fisico trascorso e il tempo verbale impiegato per fare riferimento all’azione del ricercatore. Le Tabelle 3 e 4 confermano in modo convincente la premessa generalmente accettata che il PP si impiega in riferimento agli eventi vicini al momento dell’enunciazione, preso come origine temporale, e il PS si utilizza per riferirsi a eventi più lontani. Infatti, il lasso di tempo più importante per la valutazione di questo meccanismo nelle Tabelle 3 e 4 è quello di 0-19 anni, perché si tratta di un lasso temporale ancora non influenzato dall’inevitabile rarefazione dei rinvii registrati dovuta alla relativa diminuzione del rilievo delle fonti citate. La Tabella 5, che illustra in maggior dettaglio gli anni 0- 9, presenta la diminuzione del PP, ma allo stesso tempo anche il suo carattere non lineare. In conseguenza, l’autore percepisce gli eventi prodottisi durante questo lasso di tempo come recenti. Un altro risultato importante che occorre rilevare ― in linea con quanto precede ― è il fatto che in nessuna delle fonti analizzate il PR è usato per fare riferimento a una fonte pubblicata durante lo stesso anno. Abbiamo visto, inoltre, che questo accade un’unica volta con una fonte pubblicata un anno prima (es. 16).
I risultati ottenuti si relazionano direttamente con la questione del rapporto tra la rilevanza attuale basata sul tempo fisico e quella percepita dall’utente della lingua. Le Tabelle 3 e 4 dimostrano che le frequenze di entrambi i tempi diminuiscono man mano che aumenta la distanza tra l’anno di pubblicazione della FS e quello della FP. Questa diminuzione si spiega con la conseguente diminuzione dell’importanza della fonte consultata per il lavoro scientifico. Un’eccezione importante riguarda i rinvii ad autori «classici», come illustrato nella Tabella 3. Oltre alla rilevanza di questo tipo, però, esiste quella legata allo stesso evento passato, al momento di pubblicazione della fonte e al suo rapporto con il momento di scrittura del testo nella FS. Ovviamente, il PR non presenta problemi d’interpretazione su questo punto: l’evento è sempre percepito come slegato dal ME.
Al contrario, il valore del PP è molto meno chiaro. Come si è discusso nel paragrafo 2, l’interpretazione del suo valore esatto può essere difficile. Per esempio, sebbene la lettura più naturale dell’es. 1 sia il valore aoristo, sosteniamo che, dipendendo dal contesto, potrebbe anche rappresentare il valore compiuto (es. 2). Il secondo problema d’interpretazione è legato proprio alla grammaticalizzazione del PP come tempo di valore aoristico, fenomeno di origine settentrionale che caratterizza anche la lingua neostandard. Tale uso del PP è andato oltre i casi in cui l’evento è legato al ME. Come si può distinguere tra il caso in cui l’autore X usa il PP per marcare la percepita rilevanza attuale di una fonte per il suo lavoro e quello in cui l’autore Y ― soprattutto se è d’origine settentrionale ― lo impiega per riferirsi semplicemente a un evento aoristico avvenuto nel passato, senza considerarlo, nel momento della sua scelta, dalla prospettiva del legame dell’evento con il ME? Dare risposta a questo quesito è un lavoro arduo e quasi impossibile da dimostrare con criteri oggettivi; in ogni caso, richiederebbe un nuovo studio per confrontare le scelte di tempi verbali di scientifici di diverse parti d’Italia.
Si è visto nel paragrafo 2 che i modelli aspettuali tradizionali, in cui l’aspetto è considerato come una categoria non deittica ― malgrado i problemi p. es. del modello di per soddisfare questo criterio ―, sono difficilmente applicabili all’italiano, in cui le proprietà aspettuali delle forme verbali del passato sono intimamente legate alla temporalità. Abbiamo visto che il ME, l’origine temporale, e il rapporto tra questo e l’evento a cui si fa riferimento, si profilano qui come fattori centrali. Per i problemi dovuti all’applicazione dei modelli aspettuali (come quello di ) alla lingua italiana, si propone qui un nuovo approccio, basato su (paragrafo 3). Invece di vedere il rapporto tra il PR ed il PP come una dicotomia (aoristo - compiuto), lo si considera come un continuo, in cui le situazioni passate e i suoi contesti d’uso rappresentano distinti gradi di aoristicità e compiutezza su un asse i cui poli estremi sono composti dalla compiutezza e dall’aoristicità nella sua forma pura.
Infine, anche il testo scientifico, sebbene un genere del tutto letterario, riflette i cambiamenti in corso nella lingua. Questo genere può essere considerato conservatore e le innovazioni linguistiche vi arrivano più lentamente. Dalla prospettiva degli studi sulla grammaticalizzazione del PP, fenomeno panromanzo, questi testi offrono un interessante oggetto di ricerca soprattutto in italiano, in cui l’aoristizzazione del PP continua proprio nel linguaggio scritto e dove l’introduzione del neostandard si sta perfezionando ancora oggi. Come tema per un nuovo studio sorge la variazione geografica, menzionata sopra.
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Notas
[3] L’evoluzione della perifrasi concerne anche i casi in cui l’ausiliare è essere; HABERE è usato qui perché più comune e appare in tutte le lingue e varietà romanze.
[4] Questi due concetti corrispondono al momento dell’avvenimento e al momento di riferimento (), con la differenza che, invece di momenti di breve durata, sono considerati come lassi di tempi da Klein. Va osservato anche che il modello di Klein, che pretende essere completamente aspettuale, cioè slegato della temporalità, non include il momento dell’enunciazione, presente nell’analisi temporale di Bertinetto.
[6] Sembra che attualmente non esista nessuno studio dettagliato sul processo di grammaticalizzazione del PP come tempo perfettivo di valore aoristo in toscano, cioè quando e per quali fasi si sia prodotto.
[7] P. es., l’ho fatto [una volta nella mia vita], in riferimento all’azione di vedere un orso in un bosco.